Quel Sushi Che Non Sushita Scalpore

Una piccola Guida Informativa sul Sushi

Oggi sono tutti amanti del sushi, un cibo che ha conquistato l’Occidente negli ultimi anni con il fascino della cucina orientale al seguito. Ma non è tutto oro quel che luccica, come sempre. Tutti pensano che nel sushi ci sia solo riso e pesce.

In realtà nessuno si prende la briga di capire per esempio come si prepara la polpettina di riso del sushi, e cioè scoprire che da protocollo viene farcita di zucchero, olio di girasole raffinato e melassa. Già il fatto che per fare il sushi si usi il riso bianco brillato non è un buon inizio, da un punto di vista puramente salutistico e nutrizionale (il riso bianco ha un altissimo indice glicemico, molto più alto di pane e pasta). In più vi aggiungono anche lo zucchero, anzi spesso 2 o più tipi di zucchero, come saccarosio e trealosio (si veda l’approfondimento più avanti sul trealosio).

Qui sotto in foto illustriamo il sushi pronto di una nota catena di supermercati, dove potrete constatare la presenza di tutte queste sostanze appena citate, leggendo bene gli ingredienti. Il sushi che mangiamo al ristorante è fatto allo stesso modo.

Il nighiri è una preparazione del sushi giapponese composto da una polpettina ovale di riso ricoperta con una fettina di pesce fresco crudo oppure altri ingredienti, come i gamberi, che possono essere usati da cotti, ma potrebbero essere anche crudi. Pensateci un attimo: se fosse preparato facendo una semplice polpettina di riso integrale e poi il pesce adagiato sopra, sarebbe perfetta come soluzione nutrizionale. Ma ovviamente non avrebbe tutta la palatabilità e l’appeal della preparazione con zucchero e aceto. Il popolo orientale è maestro nell’arte della sapidità degli alimenti, la loro storia culinaria insegna che furono i primi a scoprire e usare la molecola di glutammato monosodico e il gusto umami, quel particolare sapore che cattura il palato e fidelizza molto bene il consumatore.

 

Che cos’è il gusto umami?

Umami è una parola in lingua giapponese che significa “saporito” e che identifica uno dei 6 gusti fondamentali percepiti dalle papille gustative presenti sulla lingua. Gli altri sono il gusto dolce, salato, amaro, aspro e il gusto “grasso”, di recente scoperta (2012). L’umami è stato identificato come un gusto fondamentale nel 1908 da Kikunae Ikeda, professore di chimica all’Università Imperiale di Tokyo mentre compiva ricerche sul sapore forte del brodo di alghe. Ikeda isolò il glutammato monosodico come responsabile del sapore. La scoperta dei recettori del gusto umami sulla lingua è stata fatta invece dall’Università di Miami in tempi più recenti.

Ecco perchè nel Sushi troviamo quel mix di zucchero, aceto, sale e grasso del pesce. Tutto ciò scatena un vero e proprio piacere a livello recettoriale nella lingua e nel palato. Dalla lingua e dal palato partono terminazioni nervose piccolissime che portano tale segnale direttamente nel cervello. Ecco perchè poi quest’ultimo è in grado di apprezzare particolarmente un cibo preparato ad arte in questo modo, producendo neurotrasmettitori come dopamina, noradrenalina e serotonina.

Tornando alla polpetta di riso integrale e pesce ipotizzata da noi poc’anzi, questa contiene comunque al suo interno più o meno tutte le sostanze di cui parliamo, lo zucchero che scaturisce dagli amidi del riso quando vengono attaccati dagli enzimi, la molecola di glutammato che scaturisce dal tonno o dal salmone o dai gamberetti, in quanto sono alimenti che al loro interno hanno aminoacidi come l’acido glutammico. Tuttavia la differenza è che nel primo caso del nighiri industriale, “potenziato” di zuccheri, olio, e melassa, l’effetto a livello sensoriale sul palato e sul cervello è immediato ed intenso. Nel secondo caso invece l’effetto c’è ma arriva in maniera lenta, ritardata e del tutto naturale. Insomma, non fa aumentare il gradimento e di conseguenza le vendite nei confronti della polpettina di riso non “truccata”. Del resto si sa, il trucco conta eccome per dare un aspetto migliore e convincere l’interlocutore! Nel cibo valgono le stesse regole, anzi ancora di più.

 

Ma c’è di peggio!

I prodotti di sushi che troviamo pronti nei supermercati possono presentare anche molti più additivi rispetto a quelli che abbiamo appena mostrato. Nella fattispecie è possibile trovare confezioni che contengono sciroppo di glucosio, estratti vari di bevande alcoliche come il sakè, l’acido fosforico (E338, quello che troviamo anche nella coca-cola) e addirittura il colorante caramello E150d e il famigerato esaltatore di sapidità glutammato monosodico E621. Questi sono tutti composti chimici oggi noti per avere effetti allergizzanti, irritanti per l’intestino, effetti eccitanti per il sistema nervoso, nonché noti per creare dipendenza e assuefazione a livello cerebrale.

Oltre a questo, si trova spesso anche un conservante molto discusso, il benzoato di sodio (E221), un composto che fa parte dei conservanti antimicrobici o antimuffa e in presenza di vitamina C (acido ascorbico) può formare un potente cancerogeno quale il benzene. E per finire, ciliegina sulla torta, il salmone utilizzato nei sushi da supermercato (ma anche al ristorante e nei self service All you can eat)  è quello allevato in Norvegia, quello che tutti gli esperti di nutrizione oggi consigliano di evitare a causa del metodo intensivo di allevamento! A titolo esemplificativo di tutto questo si veda proprio il prodotto qui sotto in foto, che abbiamo rilevato in un noto supermercato, dove sono presenti tutti questi additivi.

 

Conservante Benzoato di sodio (E211)

L’EFSA ha comunicato che non vi sono evidenze di effetti potenzialmente cancerogeni del sodio benzoato e non vi è preoccupazione di una sua genotossicità. A patto però che non si ecceda né che lo si combini E211 con acido ascorbico: la dose ADI accettabile per questo tipo di conservante è di 5 mg per chilo di peso corporeo. Coca Cola si è impegnata nel 2008 a rimuovere il sodio benzoato da tutti i suoi prodotti. Studi sul conservante hanno infatti evidenziato una connessione tra l’assunzione costante di E211 nelle bevande gassate e iperattività dei bambini. Una ricerca dell’Indipendent avrebbe mostrato come il consumo di E211 provocherebbe danni alle cellule molto simili a quelli causati da invecchiamento e alcolismo.

 

Perchè si usa il trealosio?

Fondamentalmente perchè ha un alto potere anticongelante sull’alimento al quale viene applicato, quindi con funzione di conservante.  Il trealosio è un particolare tipo di zucchero presente in natura, nei funghi per esempio (che sono tra gli organismi più ricchi di trealosio), nei lieviti e nel bozzolo costruito e rilasciato da un coleottero. Il trealosio ha una capacità tecnica che è quella di trattenere e controllare l’acqua, i funghi si possono seccare e seccandosi si riducono in peso e volume, poi si conservano senza problemi per tutto l’anno, quando servono si mettono in acqua e “rinvengono”, riacquistano forma, peso e volume, ritornando quasi come freschi, pronti per essere consumati.

Questo è tutto merito del trealosio. Ma nel sushi si usa anche per un altro motivo: il trealosio dolcifica poco rispetto al saccarosio. Gli orientali amano dolcificare molto i piatti “salati” e dolcificare poco i piatti “dolci”. Adesso io non sono in grado di definire precisamente se per gli orientali il sushi sia considerato un piatto dolce o un piatto salato, ma capisco comunque che l’uso del trealosio è finalizzato a stabilire un certo equilibrio di sapori dolci e salati all’interno di questa preparazione. Non a caso è poi presente anche il saccarosio.

 

Altre sostanze del sushi: il mirin

Il mirin (detto anche vino di riso) è una sorta di sakè dolce giapponese da cucina. Le materie prime sono rappresentate dal riso glutinoso cotto a vapore e dal liquore di riso.

Il mirin è un elemento culinario indispensabile per la cucina giapponese: è infatti l’elemento fondamentale per la marinatura e la cottura del teriyaki (una salsa giapponese con la quale si condiscono pollo, manzo, pesce, frutti di mare, tofu ecc.) per la preparazione dei brodi di base e per la salsa a condimento dell’anguilla arrosto.

Esistono in commercio tre tipi di mirin differenti per la durata del processo di produzione e del grado alcolico finale:

  • Hon Mirin: il “vero mirin”, quello con la gradazione alcolica più alta (14%)
  • Shio Mirin: ha un grado alcolico massimo di 1,5%
  • Shin Mirin: detto anche “mirin stagionale”, praticamente non alcolico (meno dell’1%) e dal sapore più delicato

In conclusione, abbiamo voluto dare una piccola guida informativa sul sushi, mostrando quella che è chiaramente la sua natura poco conosciuta di prodotto fortemente industriale, chiaramente un tipo di preparazione che non dovrebbe rientrare in una alimentazione quotidiana o troppo frequente, da considerare come uno sgarro di livello pari all’hamburger da fast food, per quelli che proprio non riescono a farne a meno. Da questa breve analisi emerge senz’altro che la cucina orientale e giapponese in particolare è molto affascinante e ha segreti antichissimi, ma al tempo stesso balza agli occhi come alcuni prodotti molto di moda come il sushi, esportati oggi in tutto il mondo, diventino dei piatti di discutibile qualità sul discorso puramente nutrizionale e di qualità degli ingredienti.

Con una simile lista di additivi e conservanti non possiamo ritenere al momento questo prodotto come salutare.

 

 

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