Una malattia molto diffusa, cronica progressiva e recidivante, che solo negli stadi iniziali non determina particolari complicanze. Nessun Paese, fino ad oggi, ha invertito la sua epidemia di obesità, anche se si registrano alcuni segnali di cambiamento positivo dell’obesità dell’infanzia. Nonostante alcuni leggeri progressi, diversi studi rilevano un aumento delle disuguaglianze sociali nella prevalenza dell’obesità. I gruppi socialmente vulnerabili ad esempio, ne sono più colpiti perché hanno meno accesso all’educazione e alle informazioni sui corretti stili di vita e la salute e vivono, di solito, in zone che non facilitano uno stile di vita attivo. Molto spesso, inoltre, i cibi più economici hanno una minore qualità nutrizionale e un’elevata densità energetica, rendendo quindi difficile l’adozione di un’alimentazione sana ed equilibrata.
Secondo il Ministero della Salute, l’impatto dell’obesità e delle sue conseguenze anche per la sanità pubblica, necessita di un approccio multidisciplinare, con interventi coordinati a differenti livelli: prevenzione dell’insorgenza, cura dei soggetti a rischio o ancora allo stadio iniziale, al fine di rallentarne la progressione ed evitare o ritardare il ricorso a terapie farmacologiche o chirurgiche.
L’obesità infantile, in particolare, è una delle più importanti sfide per le conseguenze che comporta nelle diverse fasi della crescita, come il rischio di diabete tipo 2, l’asma, problemi muscolo-scheletrici, problemi cardiovascolari, ma anche problemi psicologici, relazionali e sociali.
La strategia di prevenzione del Ministero della Salute, in linea con i piani d’azione promossi dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, è finalizzata a individuare azioni efficaci di promozione della salute attraverso un approccio cosiddetto “life-course” (lungo tutto il corso della vita), agendo a partire dalla fase pre-concezionale, in gravidanza e nelle diverse fasi di crescita fino all’età adulta, per ridurre i fattori di rischio individuali e rimuovere le cause che impediscono ai cittadini di seguire dei corretti stili di vita.
L’obesità è, infatti, una complessa interazione di diversi fattori. Una strategia generalista non può funzionare per tutti, per questo è fondamentale attuare interventi mirati e personalizzati. Nel caso della persona affetta da obesità, è importante renderla protagonista del suo percorso accompagnandola con le diverse competenze professionali. I servizi sanitari e i professionisti che operano nel settore possono ricoprire un ruolo importante per migliorare la comprensione delle relazioni che intercorrono tra alimentazione, attività fisica e salute, motivando i cambiamenti nello stile di vita, attraverso adeguati interventi di sensibilizzazione della popolazione generale, dei pazienti e delle loro famiglie, evitando lo stigma e i pregiudizi che spesso colpiscono queste perssone.
Alcuni dati sull’obesità
In Italia, l’ISTAT, relativamente all’anno 2021, rileva che, nella popolazione adulta, la quota di sovrappeso è pari al 36,1% (maschi 43,9%, femmine 28,8%), mentre gli obesi sono l’11,5% (maschi 12,3%, femmine 10,8%), evidenziando un trend in costante crescita. Complessivamente, quindi, in Italia si possono stimare in circa 4 milioni le persone adulte obese.
Obesità infantile, adolescenziale e stili di vita
Secondo i dati della sorveglianza nazionale OKkio alla Salute del 2019 il 20,4% dei bambini sono in sovrappeso mentre gli obesi sono il 9,4% (valori soglia dell’International Obesity Task Force, IOTF); con una leggera superiorità percentuale nei maschi rispetto alle femmine (maschi obesi 9,9% vs femmine obese 8,8%).
L’abitudine a non consumare la prima colazione (8,7%) o a consumarla in maniera inadeguata (35,6%) persiste negli anni, così come la fruizione di una merenda abbondante a metà mattina (55,2%).
Il consumo non quotidiano di frutta e/o verdura dei bambini resta elevato (24,3%) mentre diminuisce l’assunzione giornaliera di bevande zuccherate e/o gasate (25,4%). I legumi sono consumati dal 38,4% dei bambini meno di una volta a settimana mentre il 48,3% e il 9,4% consuma rispettivamente snack dolci e salati più di 3 giorni a settimana.
Dai dati 2022 dell’indagine Health Behaviour in School-aged Children (Comportamenti collegati alla salute dei ragazzi di età scolare), condotta su campioni di studenti di 11, 13 e 15 anni, meno di un adolescente su 10 svolge almeno 60 minuti al giorno di attività motoria moderata-intensa (il target raccomandato dall’OMS dai 5 ai 17 anni di vita) e questa abitudine diminuisce all’aumentare dell’età.
In ogni classe di età si rilevano differenze di genere rispetto all’attività motoria moderata-intensa, con frequenze maggiori nei maschi.
Rispetto alla rilevazione del 2017-2018 si evidenzia una lieve riduzione della percentuale di giovani che svolge ogni giorno almeno 60 minuti di attività fisica moderata-intensa (8,2% vs 10%). La metà dei giovani, in maggioranza ragazzi, svolge, almeno tre volte a settimana, attività fisica intensa. Relativamente ai comportamenti sedentari, con l’aumentare dell’età sia i ragazzi che le ragazze passano più tempo sui social network e a guardare DVD in TV e video su TV e You Tube, mentre dai 13 ai 15 anni diminuisce il tempo dedicato ai videogiochi.
Gli adolescenti italiani hanno una percezione discreta della propria qualità di vita e del loro benessere psicologico, anche se questa sensazione ha subito un decremento negli anni ed è maggiore nei ragazzi rispetto alle ragazze. Il sovrappeso e l’obesità sono più elevati nei maschi per tutte le fasce d’età considerate e diminuiscono all’aumentare dell’età.
Rispetto al 2017/2018, in quest’ultima rilevazione si nota un aumento della quota di ragazzi in sovrappeso e/o obesi. Tale aumento è evidente per tutte le fasce d’età considerate e per entrambi i generi. Gli adolescenti in eccesso ponderale (sovrappeso+obesità) sono il 22,6% (sovrappeso 18,2% e obesità 4,4%).
In conclusione, l’eccesso ponderale è più frequente all’aumentare dell’età, fra gli uomini rispetto alle donne, fra le persone con difficoltà economiche e fra le persone con un basso livello di istruzione. L’attenzione degli operatori sanitari al problema dell’obesità deve invece rimanere alto, perché quando il consiglio di mettersi a dieta arriva da parte di un medico, incoraggia chi lo riceve a metterlo in pratica. Infatti la quota di persone in eccesso ponderale che dichiara di seguire una dieta è significativamente maggiore fra coloro che hanno ricevuto il consiglio medico rispetto a quelli che non lo hanno ricevuto (44% vs 17%). Ancora meno frequente è il consiglio medico di praticare attività fisica.
(fonte Ministero della Salute)