Nella maggior parte dei casi, in Italia, recarsi dallo Psicologo è ancora visto come un gesto da nascondere, quasi un’ammissione di malattia, a differenza di quel che accade in altri paesi e non solo in quelli occidentali ritenuti più evoluti quali gli USA o i paesi nordeuropei: in Sud America, ad esempio, le persone ricorrono a terapie psicologiche con maggior naturalezza e facilità rispetto ai nostri conterranei.
In realtà, proprio in un’ottica di benessere, la psicologia, nelle sue varie espressioni, dovrebbe poter essere una pratica in grado di aiutare e non solo di “curare gente malata”, come molti ancora la intendono.
Vorrei portare alcuni esempi, proprio nei campi nei quali ho approfondito i miei studi, sia con percorsi istituzionalizzati che con la passione personale.
Da sportivo inveterato, il primo Master che presi fu in Psicologia dello Sport, una branca purtroppo ancora poco “sentita” in Italia (figuriamoci allora…): innanzitutto, non si deve pensare solo all’intervento per così dire “acuto”, quello nel quale il guru di turno riesce a rimettere in carreggiata un campione allo sbando od una squadra di qualsivoglia sport che non vince una partita da mesi…
Lo Psicologo dello Sport può e deve essere utilizzato anche in fase preparatoria, prima che si presenti un problema, anzi proprio perché non si presenti affatto!
Ogni atleta ha le sue piccole scaramanzie (ne sono piene le cronache meno tecniche, ormai il gossip imperversa in ogni dove) o comunque le sue debolezze o idiosincrasie, proprio come qualsiasi altro essere umano e proprio un dialogo franco ed aperto con un professionista potrà accompagnare lo sportivo durante la sua carriera, senza dover ricorrere a tardive misure di emergenza.
Non si creda, però, che solo i fuoriclasse debbano usufruire del know-how dello Psicologo: ognuno di noi può attraversare un momento critico anche nei confronti della propria pratica sportiva, tanto importante per il mantenimento della salute tanto fisica quanto mentale: praticare una qualunque disciplina dalla giovane età in poi, è l’indispensabile viatico per arrivare alla III (o IV!) età nelle migliori condizioni possibili.
E’ ormai acclarato che un allenamento organizzato secondo certi criteri, quali una frequenza ed intensità medie (non troppo e troppo spesso ma neanche troppo poco e sporadicamente) apporta benefici a 360°: a livello muscolare, neuro-motorio, circolatorio, psicologico e quindi una sana chiacchierata con lo psicologo potrà diradare le nubi che si possono essere momentaneamente addensate sulla quotidiana attività fisica.
Inoltre si potrà anche programmare, di comune accordo, un certo numero di incontri nel lungo periodo, per la verifica dei progressi, la risoluzione delle eventuali resistenze e l’implementazione di tattiche diverse per meglio fronteggiare nuove sfide.
Quindi un aiuto per il raggiungimento di quello stato di benessere generale che deve essere il traguardo al quale anelare e non solo assistenza per un olimpionico!
Un altro settore del quale mi sono occupato è quello relativo alla psicologia del comportamento alimentare: una scelta ovvia, dato che sin da ragazzo mi sono interessato di alimentazione in senso lato.
Generalmente si pensa che lo Psicologo specializzato in questa branca tratti solo i disturbi del comportamento alimentare, quali anoressia, bulimia, binge-eating et similia: un’altra possibilità può essere quella di agire a livello motivazionale per casi meno impegnativi di quelli appena citati.
Lavorando in tandem con un dietologo, lo psicologo può infatti coadiuvarlo agendo appunto da motivatore anche se, a guardare bene, non è il termine esatto, perché la motivazione è molto personale, soggettiva, quindi lo psicologo può esercitare una sorta di attività maieutica nel “facilitare” il paziente/cliente a trovare o a ritrovare i giusti stimoli: ricordiamo che con il termine maieutica ci si riferisce al metodo dialogico tipico di Socrate, il quale, secondo Platone, riusciva così ad aiutare gli altri a «partorire» la verità: il procedimento consisteva nel confrontarsi dialogicamente, ossia tramite domande e risposte in modo da spingere l’interlocutore a ricercare dentro di sé la verità, portandolo ad individuarla il più autonomamente possibile.
Occorre quindi agire individuando l’impulso interiore che ognuno di noi possiede ai fini del passaggio all’azione, andando a sviscerare l’identità, i progetti di vita, le aspirazioni, i valori del paziente.
Ora, senza scomodare ulteriormente i classici ellenici, un colloquio strutturato è a mio parere fondamentale per iniziare al meglio un programma di alimentazione controllata ed eventualmente per affrontare i momenti nei quali si ha qualche dubbio.
In questo senso il connubio professionale tra colui che redige la “dieta” e lo psicologo può essere veramente la quadratura del cerchio, per così dire, poiché anche il più efficace piano nutrizionale non porterà alcun risultato se non viene seguito!
Lo Psicologo specializzato nel settore potrà certamente essere di aiuto per il nutrizionista nel suo lavoro, arricchendolo di quell’approccio umano tipico della sua professione, capace di cogliere quelle sfumature soggettive che talvolta fanno la differenza tra il successo e il fallimento.
Peraltro ritengo utile che lo psicologo debba avere più di una semplice infarinatura in campo alimentare, per poter comprendere non solo le particolarità psicologiche del paziente ma almeno i principi alimentari generali del suo piano nutrizionale: le eventuali resistenze al proseguimento della dieta o le difficoltà incontrate potranno essere meglio comprese ed in seguito confutate pur senza addentrarsi in settori non propri e in effetti i corsi che preparano gli specializzandi comprendono sempre una parte prettamente tecnica che, per la mia esperienza personale, è imprescindibile, vista la scarsa conoscenza in materia di molti colleghi.
Ultimo esempio, quello relativo alla sessuologia, cui approdai anche per lo scarso interesse che la Psicologia dello Sport riscontrava in Italia.
Negli anni ‘50/’60 del secolo scorso si pensava che la maggior parte dei problemi sessuali fosse di natura eminentemente psicologica mentre con il corso degli anni si è compreso come invece una grande percentuale fosse da ascriversi a difficoltà fisiologiche.
Infatti l’utilizzo delle famose pilloline blu e degli altri inibitori delle fosfodiesterasi V è ormai ubiquitario e indiscriminato: spesso vengono adoperate anche da ventenni che non ne hanno reale bisogno e comunque, frequentemente, a un problema “fisico”, finisce per associarsene anche uno di carattere più specificatamente psicologico.
Anche tra coloro che fanno parte del target elettivo di questi farmaci, le persone diversamente giovani, un utilizzo indiscriminato potrebbe creare problemi inaspettati: a parte le eventuali controindicazioni per chi assume determinate categorie di farmaci, si potrebbero verificare anche eventi inaspettati ad esempio, dopo anni di quiescenza sessuale, la recrudescenza improvvisa a volte crea aspettative eccessive nel partner maschile a fronte di una partner femminile ormai abituata a non avere più rapporti.
A questo punto si impone un counseling preventivo: l’acquisto online non garantisce di certo questa accortezza e talvolta alcuni medici prescrivono questi prodotti con troppa leggerezza.
Sempre in questa ottica, troppo spesso si ricorre esclusivamente all’aiuto farmacologico (ovviamente non solo in campo sessuologico) sia per la spinta delle grandi case farmaceutiche che per la maggior facilità rispetto all’instaurazione di un rapporto terapeutico che preveda una “catechizzazione” sui fondamenti di un corretto lifestyle.
Invece io credo che i farmaci debbano essere utilizzati principalmente nella fase acuta e nei casi più gravi e comunque si debba tendere a ridurne il dosaggio appena possibile (e quando possibile!), grazie ai cambiamenti che si possono apportare al modo di condurre la propria vita, dallo smettere di fumare al mangiare in maniera più corretta, passando per la giusta “dose” di attività fisica per parafrasare il grande Ippocrate.
Questo tipo di intervento è quello che cerco di portare avanti nella mia attività quotidiana, attraverso libri ed articoli su riviste specializzate, interventi a convegni e durante la mia pratica: proprio recentemente nella clinica romana dove lavoro, abbiamo aperto una “Clinica del Benessere” nella quale differenti professionalità collaborano sinergicamente per l’ottenimento di uno scopo comune.
Da anni, inoltre, sotto l’egida dell’Accademia del Fitness e dell’AFFWA ora, un pool di esperti di varie discipline, capitanati dal Dr. Massimo Spattini, sta appunto proponendo un approccio a 360° volto al raggiungimento ed al mantenimento di un valido stato di salute nel tempo, grazie all’adozione di un corretto stile di vita: ad ogni corso sono presenti diverse tipologie di professionisti, ad indicare come finalmente questa modo di riportare la Medicina ad interessarsi del paziente e non del sintomo stia riscontrando il giusto interesse.
Insomma, “Il tutto è più della somma delle singole parti“!
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