Nella pratica medica si dice “esame obiettivo” quell’insieme di osservazioni basate sui cinque sensi che serve a inquadrare meglio il paziente sotto tutti i punti di vista.
Oggi questo esame è molto trascurato: la medicina ha tempi rapidi, folle di mutuati aspettano il loro turno in sala d’attesa, e si pensa spesso erroneamente che con un farmaco si risolva tutto. L’antica arte dell’esame obiettivo, invece, non andrebbe mai dimenticata dal bravo medico che, prima di dedicarsi a macchinari specifici o a esami strumentali, dovrebbe ricordarsi di guardare, toccare, palpare, auscultare il paziente per raccogliere il maggior numero possibile di informazioni. Senza del tutto escludere neppure l’olfatto (che, raccontava mio padre, poteva consentire anche la diagnosi a distanza di un cancro al retto) o il gusto, usato dai medici dell’antichità per diagnosticare il diabete “mellito” (cioè mielato, dolce) attraverso l’assaggio diretto delle urine. Altri tempi, per fortuna.
Guardare
Personalmente mi è capitato, dopo un’approfondita anamnesi (l’interrogatorio medico che precede l’esame obiettivo), di rilevare tracce di operazioni subite dal paziente solo dopo averlo spogliato e fatto sdraiare sul lettino. Scoprendo magari un’operazione di asportazione della cistifellea (omessa per dimenticanza in corso di anamnesi) che da sola era in grado di spiegare la lentezza digestiva accusata dal paziente. Ma lo sguardo d’insieme del paziente rivela spesso una vasta gamma d’informazioni, ben prima di avere in mano gli esami del sangue. Profonde occhiaie, magari gonfie, rivelano problemi renali o anche presenza di parassiti intestinali. Il pallore segnala anemia, cioè carenza di ferro. Una pelle brufolosa segnala squilibri ormonali (naturali, come la pubertà o patologici come l’ovaio policistico). Ma ancora più interessante è l’osservazione del corpo nel suo insieme. L’accumulo di grasso nelle zone “a basso consumo” come l’addome o il gibbo è tipico di chi abbia un eccesso di stress e quindi di cortisolo. La forma tipica, in questo caso, è quella della “Sindrome di Cushing”: gambettine sottili, ventre globoso, come una pera appoggiata su due stecchini. In pratica il corpo, sotto stress prolungato, accumula grasso dove non possa facilmente essere consumato.
Simile ma particolare è invece la struttura del resistente insulinico (o pre-diabetico): si parla di “moon face” (faccia tonda, lunare), di pappagorgia e ancora di ventre globoso.
L’ipotiroideo è spesso grasso e poco reattivo, con pochi e radi capelli, l’occhio un po’ stretto dall’adipe facciale. L’esatto opposto per l’ipertiroideo, che ha gli occhi fuori dalle orbite, è magro come un attaccapanni e ha le guance scavate.
Squilibri degli ormoni sessuali sono visibili in donne mascoline (con irsutismo, acne, alopecia, seno minimale) o in uomini effeminati (glabri, con spalle cadenti, seno ipertrofico), e altrettanto visibili sono i segni della denutrizione in anoressiche o in individui demuscolati per eccesso di attività, per diete ipocaloriche o per malattia.
Toccare
Con la palpazione il medico ottiene molte altre informazioni. L’addome viene solitamente diviso in “quadranti” ognuno dei quali, se dolorante, indica la potenziale sofferenza dell’organo sottostante. Si evidenziano così problemi gastrici o di reflusso, fegato dolente o ipertrofico, microcalcoli alla cistifellea (frequentissimi negli atleti), ingombri fecali, infiammazioni coliche o pancreatiche. Qualche colpo sulla schiena evidenzierà eventuali problemi renali, mentre la palpazione della tiroide potrà svelarne un’eventuale ipertrofia. Già che siamo sul collo può essere utile cercare eventuali linfonodi gonfi sottomandibolari, e utile è anche una palpazione di quelli inguinali, rivelatori di infezioni o infiammazioni nelle aree adiacenti. Il contatto con la pelle rivela anche eventuali rigidità muscolari, e la maggiore o minore produzione di calore da parte di addome, mani o piedi, ricordando che mani e piedi freddi sono segno di ipotiroidismo. Un corpo sudato in condizioni ordinarie è spesso segno di squilibri del sistema nervoso autonomo, o di forte emotività.
Auscultare
Il battito cardiaco, auscultabile con il classico stetoscopio (ma anche toccando l’arteria radiale o l’aorta addominale con due dita), ci racconta molte cose. Si possono rilevare aritmie, extrasistoli (battiti sovrannumerari), ma anche semplicemente bradicardia o tachicardia (frequente negli atleti di endurance), talvolta correlate a specifiche patologie. Anche la voce del paziente, però (alta, ferma, stentorea, roca, esitante, timorosa) può fornirci informazioni utili, magari anche solo per un profilo psicologico più accurato.
Non è qui sede per una trattazione completa dell’argomento, ma mi premeva rimarcare come l’utilizzo dei nostri sensi (gratuito e privo di effetti collaterali) ci consenta, anche nell’esame generale dello sportivo, di inquadrare più correttamente il paziente che abbiamo davanti, potendo così elaborare strategie più efficaci di cura o di miglioramento della prestazione.
Il binomio riduttivo che collega esame del sangue e integrazione farmacologica non può più essere considerato un modo efficiente di affrontare i problemi dell’atleta, che dev’essere invece analizzato da un punto di vista metabolico, di composizione corporea, di storia clinica, di abitudini alimentari, di attitudine psicofisica e che dovrebbe anche essere “scannerizzato” dai nostri sensi con la vecchia ma sempre solida pratica dell’esame obiettivo.
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