Comprendere implica tempo
L’intero apparato cognitivo della nostra società si muove ormai alla velocità di un click. Il risultato riguarda una superficiale familiarità su concetti che spesso prendono significato solo nelle proprie rappresentazioni interne degli individui.
Quello che si riesce a pensare, credere e interpretare di uno specifico evento o fenomeno, come i disagi di natura psicologica, richiedono però, molto spesso, un maggior discernimento.
Un maggior discernimento esige più tempo d’indagine. Questo rappresenta un problema per molti.
L’osservatore, quindi, termina – parafrasando Clark (2001) – con un “problema di fame rappresentazionale” e ha bisogno di dedurre e supporre, ovvero di rappresentare e conoscere, costruendo un sapere sulla base delle informazioni che ha, anche se alcune di esse non hanno alcun “contatto” con la realtà che si desidera spiegare o chiarire.
Tale logica, ovvero raggiungere un sapere complessivo con l’analisi parziale di una parte di uno specifico fenomeno, può risultare pericoloso non soltanto nella nicchia scientifica, ma nella visione collettiva degli individui.
ll congelamento dell’acqua, infatti, non è di per sé una rappresentazione della temperatura dell’ambiente.
È solo uno dei tanti effetti naturali prodotti dalla caduta della temperatura ambientale, in grado di assegnare un certo significato a cose, eventi o fenomeni.
Che cos’è la depressione?
Se vi chiedessi di darmi:
- una definizione di depressione di specificarmi quali siano tutti i sintomi e le manifestazioni di questo disagio
- di differenziarlo rispetto all’ansia, agli attacchi di panico o alla semplice eccitazione
- o di discriminare i concetti di “umore cattivo” e depressione elencandomi tutti i “lapsus” comportamentali a cui porta
probabilmente, la maggior parte di voi, non saprebbe riferirlo.
Eppure, oltre ad essere di uso comune, quante volte leggiamo nei giornali, nei social network, nei siti ecc. questo termine?
La situazione si complica ulteriormente quando, tale disturbo, viene inserito a “contorno” di pratiche che si suppone possano avere un effetto migliorativo, come l’attività sportiva.
Ultimamente si è parlato degli effetti benefici dello sport in relazione ai disagi di natura psichica (e.g. la depressione).
È vero in tutti i casi?
Ma, soprattutto, come disciplinare le “cinquecento sfumature di grigio” della nostra letteratura non cadendo vittima di perverse posizioni scientifiche?
L’approccio sistemico e transdisciplinare
Orbene, c’è una disciplina definita cibernetica che, tramite i propri studi scientifici, ha posto in essere delle visioni nell’intero impianto concettuale della scienza. Tra i suoi principi abbiamo quello di sistema e inter- e trans-disciplinarietà.
Mettere a sistema qualcosa vuol dire non ridurlo a un suo componente specifico. Questo è vero sia quando si parla di circostanze microscopiche su una realtà biologica, che di quelle macroscopiche, come le visioni dell’intero impianto concettuale della scienza.
Infatti, l’importanza di alcuni integratori non risiede meramente nella loro azione biologica, ma, la cellula, mettendo a “sistema” qualsiasi elemento che assimila è in grado con il suo network di creare effetti anche dal punto di vista cognitivo.
Così una certa azione esercitata solo a livello organico è in grado di coinvolgere l’intero sistema-organismo.
Questo discorso può essere esteso anche ad altri ambiti.
Se volessi mettere “a sistema” l’intera branca della scienza dell’alimentazione dovrei parlare di biologia degli alimenti, effetti secondari (come lo stress sul meccanismo fame/sazietà), aspetti sociali e psico-comportamentali del cibo ecc. e notare in che modo, al variare di una circostanza, le altre possano adattarsi a quest’ultima per “confermare” l’identità dell’intero sistema.
Così facendo applicherei un approccio inter-disciplinare che mi porterebbe alla trans-disciplinarietà, ovvero un discorso “sopra ai discorsi”, capace di poter creare una nuova prospettiva, probabilmente più utile.
Convinzioni sui benefici dell’attività fisica
L’attività fisica è una delle etichette con cui si definisce il percorso al benessere fisico e anche psicologico (Mens sana in corpore sano).
Una lettura limitata di alcuni fenomeni è in grado di generare credenze popolari o interpretazioni riduzionistiche, come quella che vede gli effetti positivi dell’esercizio fisico sulla depressione e sull’ansia.
Un gran numero di studi descrivono infatti un’associazione di attività fisica e benessere generale.
Anche se tali studi sono in aumento, l’uso clinico dell’attività sportiva, almeno in aggiunta agli approcci terapeutici consolidati, come la psicoterapia o la farmacoterapia, è ancora all’inizio.
Tuttavia, la maggior parte degli studi pubblicati presenta ancora notevoli carenze metodologiche, soprattutto quando si riferiscono alle questioni cliniche. Anche perchè, riferendoci specificamente a quest’ultime, tra i sintomi depressivi abbiano mancanza di energia e notevole affaticamento.
In queste condizioni, svolgere un’attività sportiva può portare ad esiti ulteriormente debilitanti.
La straordinaria potenza benefica dell’attività sportiva
Tra i grandi sforzi per promuovere i benefici terapeutici dell’attività fisica per ridurre la depressione e l’ansia nelle popolazioni cliniche, poca attenzione è stata rivolta ai benefici della salute mentale per le popolazioni non cliniche.
Da alcune recenti ricerche emerge una riduzione di depressione e ansia sulle popolazioni non cliniche. Si può supporre e sostenere che l’attività fisica svolga un ruolo di prevenzione soprattutto in fasce d’età sensibili come nell’adolescenza.
Altresì c’è da valutare la tipologia di attività – nonchè i parametri allenanti (intesità, volume di lavoro, frequenza, ecc.) – da stabilire nelle persone predisposte (sia per cause genetiche o ambinetali) a specifici disturbi della sfera psichica.
Ad esempio, in molti casi in cui la persona manifesta sintomi ansiogeni è bene limitare l’intensità dell’allenamento evitando di mandare in “tilt” il (sotto)sistema adrenergico che può amplificare i precitati sintomi nell’intero sistema-organismo.
Conclusioni
Anche se le prospettive sono ottimiste, occorrono altre ricerche per poter riferire con sicurezza come alcune variabili si correlano con la depressione e l’attività fisica.
Ma soprattutto discernere “campioni” di popolazione ritenute cliniche e non cliniche. Si dovrà indagare come la loro valutazione (e.g. il tenore economico di una popolazione; le tradizioni; la qualità di vita; ecc.) possa intervenire sugli aspetti presi in esame.
Si menziona, come modello su cui basare le future osservazioni, una ricerca del 2016 (Stubbs & Brendon (2016) su un ampio studio trasversale che ha coinvolto 36 paesi a reddito medio-basso.
Come riportato nel mio libro «La scienza del dimagrimento» sono tante le variabili secondarie che incidono in modo considerevole sulla questione trattata e che possono rappresentare la chiave per raggiungere un quadro concettuale attendibile, predittivo, ma soprattutto utile e terapeutico per specifiche difficoltà psico-comportamentali.
Bibliografia
- Ströhle, Andreas. “Physical activity, exercise, depression and anxiety disorders.” Journal of neural transmissions (2009).
- Lombardo, Claudio. La scienza del dimagrimento. Kimerik, 2015.
- Rebar, Amanda L., et al. “A meta-meta-analysis of the effect of physical activity on depression and anxiety in non-clinical adult populations.” Health psychology review3 (2015): 366-378.
- McMahon, Elaine M., et al. “Physical activity in European adolescents and associations with anxiety, depression and well-being.” European child & adolescent psychiatry 26.1 (2017): 111-122.
- Rebar, Amanda L., et al. “A meta-meta-analysis of the effect of physical activity on depression and anxiety in non-clinical adult populations.” Health psychology review 9.3 (2015): 366-378.
- Stubbs, Brendon, et al. “Physical activity and depression: a large cross‐sectional, population‐based study across 36 low‐and middle‐income countries.” Acta Psychiatrica Scandinavica 134.6 (2016): 546-556.
- Villalobos, Mario Eduardo. “Biological roots of cognition and the social origins of mind: autopoietic theory, strict naturalism and cybernetics.” (2015).