“ESSERI” DIPENDENTI
«Lo sforzo disperato che l’uomo compie
nel tentativo di dare alla vita
un qualsiasi significato è teatro»
Eduardo de Filippo
Un corpo palestrato, muscoloso, perfetto è sempre indice di salute, felicità, equilibrio?
Essere allenati, sentirsi agili, acquisire vitalità è essenziale per attivare e dare energia a quel “ribollitore biochimico” (il nostro cervello) che può sostenerci donandoci sensazioni di benessere costante. Le stesse che possono contribuire smisuratamente alle emozioni e soddisfazioni di vita, sia nel lungo termine che nel breve, come alleviare il carico del quotidiano.
Ma, a volte, la precitata perfezione corporea è sinonimo di manie, tomenti, fissazioni, insoddisfazioni, infelicità in una vita incapsulata nella rete di regole statiche e procedure ripetitive, senza alternative.
È il caso dell’utilizzo improprio di una disciplina definita Culturismo che, a dispetto della stessa definizione, a volte rappresenta un’isola senza senso che può spingere ad uno stile di vita come vero e proprio atto di fede che va alimentato fino a porre sé stessi in secondo piano e, a volte, le famiglie in una situazione emotivamente insostenibile.
In contesti come questi, in cui si restringe l’ampiezza logica di ciò è possibile comprendere, l’interrogativo è il medesimo: “Perché?”
Tra il mezzo e il fine
Ogni persona ha un sistema di convinzioni che è la somma di assunzioni, giudizi e miti che ritiene veri. È un repertorio di quali opzioni, risposte, soluzioni, metodi, possibilità e modi di comportarsi sia possibile ad ognuno.
Per ogni persona, il sistema di convinzioni è il filtro attraverso cui seleziona i compiti principali della vita: mette in atto decisioni, interpreta le azioni degli altri, da senso alle esperienze della propria esistenza, risolve i problemi, conduce le relazioni, sviluppa la carriera, stabilisce priorità.
Il sistema di convinzioni del dipendente contiene alcune credenze di base che sono collegate al sentimento della vergogna. Ogni convinzione contribuisce a proteggere il mondo interiore che la persona sperimenta come pieno di dolore; è l’immagine esteriore, che costruisce per mantenere segreto il proprio mondo.
La convinzione che riguarda la svalutazione del proprio valore come persona si struttura in base alla ripetuta esperienza del sentimento della vergogna. I sentimenti di inadeguatezza e di fallimento sono dominanti (Cantelmi, et al., 2004).
Paradossalmente il dipendente da steroidi (il mezzo) vede l’umiliazione e la degradazione come giustificate o necessarie, ma contemporaneamente crea uno scudo per difendersi da esse, come l’accrescimento abnorme di masse muscolari (il fine) con l’ambizione di produrre un’immagine di onnipotenza e nascondere il senso di inadeguatezza (Lombardo, 2019; libro in costruzione).
Dove risiede la dipendenza?
È ormai consuetudine parlare di mente quanto di corpo, farlo in modo coerente come fossero due pezzi dello stesso puzzle, ma con l’incoerenza di separarli e ricomporli in combinazioni “esotiche”.
Lo studio del corpo pone una domanda legittima: che ruolo ha la mente? Cosa si può definire mente e cosa corpo?
Ma cosa centra col titolo di questo articolo?
Se non abbiamo ben chiaro il ruolo del corpo e quello della mente non possiamo attribuire la giusta importanza al corpo, spesso trattato come un ammasso di elementi chimici inerti di cui il padrone è la mente.
Questo ha portato ad un riduzionismo sfrenato dove la mente è stata ridotta ad un prodotto commerciale: «La mente può far tutto», e da qui i superficiali specialismi di Mental Coaching o Counseling in cui ogni essere vivente di maggiore età può farsi promotore.
In realtà la dipendenza da steroidi nasce da un’azione corporea (Lombardo, 2019; libro in costruzione) che può essere paragonata ad una “stampella”, un tentativo di riabilitazione mentale.
Neuro-steroidi e neuro-trasmettitori
Coloro che si riferiscono alla dipendenza molto spesso la valutano sul piano psicologico, ma in realtà è una condizione principalmente corporea.
I neuro-steroidi (metaboliti naturali degli ormoni steroidei) sono plausibili candidati dei modulatori naturali dei recettori del GABA e, quindi, provvisti di una potente influenza sul nostro “metabolismo cerebrale” (Bears, Connors, Paradiso, 2007). (Il cervello è “corpo”; il processo emergente dell’attività dei neuroni è la mente.)
I neuro-steroidi hanno un ruolo nella funzione inibitoria dell’attività neuronale legandosi ad un proprio sito sul recettore GABA.
Il GABA (acido γ-amminobutirrico) è il più importante neurotrasmettitore cerebrale con funzioni inibitorie del SNC. Si forma per decarbossilazione del glutammato ad opera della glutammato decarbossilasi (GAD), per essere poi trasportato in vescicole ed esocitato nello spazio sinaptico attraverso una ATPasi. Sulla membrana post-sinaptica lega i recettori GABA-ergici inibitori per essere successivamente ricaptato dalla membrana presinaptica e degradato (Buzzi et al., 2006 ).
Il nostro organismo non ha certo creato durante l’evoluzione dei siti speciali per il legame con il trasmettitore a vantaggio dei nostri farmaci moderni o droghe.
Ma, se alcuni di questi hanno degli effetti visibili sul comportamento, come in realtà si osserva, vuol dire che esistono dei ligandi endogeni, cioè delle sostanze chimiche naturali che si legano nei siti ai neuro-steroidi o altre sostanze come i barbiturici e benzodiazepine.
Sintomi comportamentali da dipendenza
Alcuni autori (Caretti, La Barbera, 2005) hanno strutturato le fasi della dipendenza in 3 tranches:
1) ossessività: pensieri e immagini intrusive e ricorrenti riguardanti l’esperienza di dipendenza;
2) impulsività: incapacità di resistere al desiderio della messa in atto del comportamento di dipendenza;
3) compulsività: attuazione della condotta nonostante le possibili conseguenze negative.
In linea con queste considerazioni, Joyce McDougall afferma che sebbene l’individuo dipendente possa sentire di essere schiavo è […] di un certo tipo di dipendenza, i fini fondamentali della ricerca o dell’oggetto di dipendenza sono esperiti inconsciamente come “essenzialmente buoni”, perché essi procurano un senso di benessere e in casi estremi possono persino arrivare a essere considerati come la massima aspirazione, a sua volta percepita come l’unica capace di dare significato alla vita dell’individuo.
Conclusioni
Dato che lo stato mentale disfunzionale del craving (il desiderio incontrollato di assumere la sostanza proibita) viene rinforzato sia dalle rappresentazioni positive associate al piacere della dipendenza – sia dalle rappresentazioni negative e dolorose dell’astinenza, ma anche e soprattutto dalle rappresentazioni positive legate alla possibilità di contrastare l’ansia e l’umore disforico emergenti dalle emozioni traumatiche attraverso la messa in atto del comportamento di dipendenza – è evidente che approcci alla cura delle dipendenze patologiche di tipo esclusivamente rieducativo o farmacologico tendono a risultare inefficaci.
Bibliografia
Lombardo, Claudio. Al di là del corpo. La psicologia della modificazione corporea nei culturisti, Kimerik, 2019 (libro in costruzione).
Cantelmi, Tonino, Emiliano Lambiase, and Adriana Sessa. “Le dipendenze comportamentali.” Psicobiettivo 2 (2004): 13-28.
Caretti, Vincenzo, and Daniele La Barbera. Le dipendenze patologiche. Clinica e psicopatologia. Raffaello Cortina Editore, 2005.
McDougall, Joice. “L’economia psichica della dipendenza patologica.” Psicobiettivo 2 (2004): 1000-1020.
Bear, Mark F., Barry W. Connors, and Michael A. Paradiso, eds. Neuroscience. Vol. 2. Lippincott Williams & Wilkins, 2007.
Per ulteriori informazioni e per contattare il Dr. Lombardo puoi consultare il sito dimagrirefit.com
Photo credits in copertina l’attore Dwayne Johnson, UniCusano,