Proibire i cibi può favorire le trasgressioni alimentari
Se la matematica ci insegna a contare, perché non ci insegna anche a confrontare i colori? Ludwig Wittgenstein
Introduzione
Immergiamoci per un attimo nel sottobosco del senso comune: “dieta” = “fame” sono due termini profondamente usurati a forza di essere utilizzati quali sinonimi per la perdita di peso.
“Stasera mi abbuffo e domani comincio la dieta” è un’affermazione particolarmente rappresentativa di questa realtà e, spesso, l’ipercontrollo alimentare – a braccetto con il proibizionismo – arricchisce la suddetta equazione.
Ancora oggi, come decenni fa, la terapia dell’obesità risulta essere essenzialmente dietetica (Mannucci, Riccia, Rotella, 2000) e per intuito le strategie che si riferiscono al fratello minore (il sovrappeso) non si discostano da questo principio.
Le persone riducono l’introito di cibo in base a una semplice sottrazione matematica accumulando tonnellate di fame. Ma quando il “flirt” con cibi vietati rischia di trasformarsi in un affare serio?
L’incoerenza del desiderio
Nell’intraprendere un regime alimentare dimagrante accade spesso di resistere a tentazioni, ma a volte capita di cadere vittima di cibi a noi proibiti.
I divieti dello specialista, del familiare, del partner e, seppur in maniera sporadica, dei nostri amici paradossalmente possono rafforzare tale problematica. Con le proibizioni, infatti, sembrano aumentare i desideri verso cibi disapprovati.
Nel momento in cui si genera un effetto cumulativo di determinati pensieri verso particolari cibi la motivazione, usata come “freno”, può fallire nel suo obiettivo.
In molti individui la natura del desiderio è incoerente: da una parte si ribella alle proibizioni, dall’altra si nutre della violazione e della trasgressione; così resistere alle tentazioni crea una forte sollecitazione e un conseguente squilibrio emotivo che successivamente può essere riequilibrato con una maggiore assunzione di cibo (Lombardo, 2015).
Il principio che sta alla base di questo meccanismo può essere rappresentato dal seguente esempio: per interrompere il flusso d’acqua che scende dal rubinetto non bisogna mettere la mano sotto per arginarlo, altrimenti si bloccherebbe solo per un breve istante per poi fuoriuscire in maniera più violenta. Bisogna, perciò, chiudere quel rubinetto agendo dalla manopola.
Per tale motivo la dieta non dovrebbe creare caos biologico nell’organismo (come si riscontra molto spesso nei soggetti sottoposti a restrizione calorica) bensì tradursi in una “quieta non movere”.
La diga dei desideri
Nei termini finora descritti è bene concepire il dimagrimento come stile di vita (‘Diaita’), e non come “restrizione calorica”, in un regime alimentare corretto dove i meccanismi di reazione/emergenza dell’organismo (il fluido dell’individualità) espressi sotto forma di pensieri (desideri) e reazioni corporee (stanchezza, cali energetici, ecc.) non si accumulino in una vera e propria diga di desideri.
Tuttavia, ci sono dei soggetti di un altro “rango” psico-biologico che rispondono ad un approccio più deciso, perfezionista, schematico pur mantenendo i risultati ottenuti evitando questa impasse.
Sfortunatamente questi rappresentano una piccola percentuale di casi dove il piacere della rinuncia, del sacrificio, si sposa con il raggiungimento a tutti i costi del proprio obiettivo, iper-immaginato, iper-visualizzato, iper-idealizzato, “sentito”.
Questa strategia, per lo più inconscia, permette di trarre del piacere (la sensazione del miglioramento fisico, del raggiungimento del proprio obiettivo) dal dolore (le proibizioni e divieti alimentari) e ci insegna come il circuito del desiderio deve fluire nella nostra vita in modo costante, regolare, evitando quanto più possibile l’ingorgo mentale di pensieri fissi verso determinati cibi che potrebbero perturbare le condizioni di equilibrio interne.
Conclusioni
La catena degli eventi che termina con il consumo alimentare è lineare e suddivisa in “tranches”:
1) stimolo (vedo un cibo proibito);
2) ho un pensiero (quel cibo è buono);
3) prendo una decisione (lo mangerò);
4) agisco (lo divoro).
L’approccio psico-comportamentale alla dieta (stabilire obiettivi, praticare attività fisica, consumare il pasto seguendo alcune condotte comportamentali, ecc.) può aiutarci a silenziare la mente da pensieri ricorrenti di cibi altamente calorici e adottare una consumazione consapevole del cibo per fini dimagranti.
Per ulteriori informazioni e per contattare il Dr. Lombardo puoi consultare il sito dimagrirefit.com
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