Depressione, un problema in larga parte al femminile

Un’emergenza mondiale

Oggi si parla della depressione come emergenza mondiale (OMS) e come patologia che tra altri 20 anni si situerà al 2° posto nel mondo come principale causa e condizione di disabilità. Oggi si parla della prevalenza della depressione femminile su quella maschile in un rapporto di 2-3:1.

Le statistiche internazionali (World Health Report 2000-04 Database) mostrano che le patologie psichiche (depressione maggiore, disturbi d’ansia, disturbi alimentari) sono prevalenti ed in crescita tra le donne all’interno della popolazione generale. Le statistiche nazionali (Istituto Superiore della Sanità) confermano questa tendenza.

La depressione in particolare costituisce la principale causa di disabilità tra le donne di età compresa tra i 15 ed i 44 anni, I disturbi depressivi costituiscono il 41,9% della disabilità da disturbi neuropsichiatrici tra le donne ed il 29,3% tra gli uomini. I disturbi depressivi sono due volte più frequenti tra le donne. Le diagnosi di disturbo di panico che le donne ricevono sono tre o quattro volte superiori a quelle ricevute dai maschi.

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La depressione nelle donne è in crescita a partire dalla prima adolescenza

Nell’adolescenza i disturbi di depressione ed ansia sono maggiori nelle ragazze rispetto ai ragazzi: le ragazze soffrono inoltre al 95% rispetto al 5% di ragazzi di disturbi alimentari (anoressia e bulimia).

I principali problemi di salute mentale nella vecchiaia sono: la depressione, le sindromi organiche e le demenze.

In maggioranza questi disturbi colpiscono le donne?

Dal complesso delle ricerche su eziologia e fattori di rischio emergono come più deboli, o scarsamente suffragate da dati significativi, le ipotesi genetiche, ormonali e psico-costituzionali (struttura di personalità); proprio quelle ipotesi che nel mondo medico sembrano trovare più credito.

AI contrario, maggiori dati significativi emergono dalla ricerca sui fattori di ruolo sociale, sui fattori psico-sociali e attitudinali-educazionali.

Il punto di vista dell’Organizzazione Mondiale della Sanità

» Depressione, ansia, sintomi psico-somatici sono correlati in modo significativo alla interconnessione di fattori di rischio quali: i ruoli sessuali con le differenze di genere, gli eventi stressanti, le negative esperienze di vita.

» Gli specifici fattori di rischio per le comuni patologie psichiche che affliggono in misura maggiore le donne includono: la violenza sessuale, lo svantaggio socio-economico, il basso sviluppo e lo sviluppo ineguale, il basso livello socio-economico e l’incessante lavoro di cura per gli altri.

» Le pressioni create dai multipli ruoli che gravano sulle donne, la discriminazione di genere, i fattori associati di: sovraccarico, povertà, disoccupazione, violenza domestica e violenza sessuale, sono responsabili dello scarso livello di salute mentale nelle donne.

» Vi è una positiva correlazione tra frequenza e severità dei fattori sociali e la frequenza e la severità di problemi mentali nelle donne. Severi eventi di vita che causano un senso di perdita, inferiorità, umiliazione o oppressione possono essere fattori predittivi della depressione.

Le evidenze e le ricerche ci dicono che ogni donna è a rischio di depressione

Non vi sono tipologie di donne più a rischio, se per tipologie intendiamo caratteri di personalità, o ci riferiamo a tipologie sociali ed economiche specifiche.

In ogni tipo di ricerca su popolazione risulta che la depressione femminile è trasversale ai vari gruppi sociali con diversi livelli economici e culturali. Ammala cioè la donna sia casalinga che quella non casalinga, la donna istruita o quella meno istruita, la donna di razza bianca quanto quella di razza nera, la donna della città come quella che vive in piccoli centri.

Le ricerche mostrano come la depressione colpisce tutte le donne senza fare differenze economiche, sociali e di razza. Mostrano anche che le donne coniugate, di tutti i contesti sociali, hanno più problemi di salute, diversamente da quanto succede per gli uomini, che corrono più rischi se, al contrario delle donne, non sono in coppia.

Nella donna la depressione attraversa lo stato fertile in modo prevalente

Le donne giovani e adulte soffrono quindi maggiormente di depressione e in modo più costante e persistente degli uomini, in un arco di vita compreso tra i 15 ed i 44 anni. Gli uomini invece soffrono di depressione in modo più episodico e riferito essenzialmente a due singole tappe di vita, che rappresentano l’entrata e l’uscita dal mondo del lavoro (adolescenza e avvio al pensionamento).

Per le donne in definitiva la depressione e i disturbi di tipo ansioso si associano in maniera prevalente a tutta l’età fertile, ovvero all’età in cui si assiste all’incremento dei compiti di ruolo sia familiari che sociali.

Quali sono i fattori di rischio?

I fattori di rischio sono più di uno, anche se si riferiscono a una condizione di vita che è comune a tutte le donne: dalla loro combinazione e interazione dipende poi il se, il come, ed il quando la depressione si presenti nella vita della singola donna.

1 – Lo stress ed il sovraccarico che le ricerche sulla depressione generalmente hanno individuato nella condizione di donna coniugata con figli piccoli, al di sotto dei 14 anni.

2 – L’isolamento sociale, che le ricerche hanno generalmente individuato nella mancanza di relazioni di confidenza e di supporto, e in particolare per le donne sposate, nella mancanza di relazione di confidenza con il partner.

3 – La mancanza di relazioni e supporti sociali.

4 – La bassa auto-stima derivata dalla scarsità di riconoscimenti che le donne patiscono sia nel sociale che nella famiglia.

5 – La tendenza alla dipendenza ed alla passività, quale risultante dello stile comportamentale del “farsi carico” dei bisogni dell’altro nella relazione di cura, ascoltando e silenziando i propri bisogni.

6 – Gli eventi di vita stressanti, che in misura maggiore colpiscono le donne e che fanno riferimento soprattutto alla relazione con l’uomo e all’esercizio del potere maschile (discriminazioni sul lavoro, violenza sessuale, maltrattamento familiare, ecc.).

7 – Gli eventi così detti di perdita affettiva (lutti, separazioni, abbandoni, ecc.) che riguardano figure significative della vita relazionale di una donna (un partner, un genitore). Tali eventi, al primo posto nella lista degli eventi stressanti che generano depressioni anche gravi, a ben guardare non hanno solo o principalmente il carattere affettivo, ma implicano il più delle volte anche la perdita di supporti materiali, sociali, economici, spesso essenziali alla sopravvivenza di una donna e dei suoi figli.

La carenza dell’anamnesi nelle strutture sanitarie

Vi è quindi una specifica condizione della vita della donna, contrassegnata da un maggior tributo alla depressione, che include in sé il maggior numero di fattori di rischio sopra elencati: dal sovraccarico, alla dipendenza, alla violenza, ed è la condizione di vita della donna con bambini piccoli, ovvero la condizione della maternità e del lavoro di cura.

Nonostante queste ricerche ed evidenze che parlano di carico di lavoro, violenza, lavoro di cura, come fattori di rischio prevalenti nella donna, ancora oggi abbiamo modo di osservare nei comportamenti pratici dei medici, nelle loro teorie, più articolate e sofisticate di quelle di ieri, un riferimento costante alle vicende della vita riproduttiva femminile. Basti pensare a come ancora oggi è formulata l’anamnesi nelle cartelle cliniche delle pazienti, che vengono in contatto con la struttura sanitaria: vi è sempre il riferimento al menarca, alla qualità del ciclo, alle gravidanze ed ai parli, mentre della vita personale, lavorativa, relazionale non si conosce nulla o quasi.

I progetti di sanità pubblica, che hanno come obiettivo la promozione della salute delle persone, quando si rivolgono alle donne le vedono solo come madri: per le donne e per i loro bisogni di salute sono stati sempre e solo prodotti progetti così detti “materno- infantili”.

Occorre cambiare amplificare la visione della donna

Ciò detto vale come esempio concreto di come nella donna ogni suo problema di salute sia orientato, argomentato, spiegato solo mettendo al centro la condizione biologica della maternità, ovvero la sua attività riproduttiva futura, attuale o passata.

Da tutto ciò, si può quindi valutare come nelle donne il sistema riproduttivo non abbia solo la funzione propria specifica di riprodurre altri individui e soddisfare le esigenze della continuità della specie, ma essa conta molto di più ed in campi molto più estesi. II ciclo mestruale orienta la donna nella vita sociale e di relazione. Gli ormoni riproduttivi, rappresentati come fattori di rischio per la salute, costituiscono la supposta base eziologica di molte patologie.

La linea di confine fra età fertile e non fertile

Il dualismo età fertile/età non fertile è la discriminante quasi obbligatoria per regolare i comportamenti diagnostici, terapeutici e preventivi della medicina nei confronti delle donne.

E quindi vediamo che: l’età fertile protegge dal rischio cardiovascolare e per converso l’età non fertile espone al rischio cardiovascolare. Alcuni tumori specifici nelle donne si sviluppano oggi in rapporto al prolungamento dell’età fertile (figli in tarda età), ed altri alla fine dell’età fertile.

Nelle patologie psichiche l’inizio del ciclo mestruale è considerato fattore di rischio per le ragazze più di quanto lo sia la pubertà per i maschi. Le variazioni ormonali in gravidanza e soprattutto nel post-partum sono considerate fattori di rischio per la donna adulta. Così come la cessazione del ciclo mestruale è fattore di rischio per la donna matura.

I pregiudizi che impediscono alle donne di raggiungere una corretta diagnosi un appropriato trattamento ed una prevenzione praticabile

A livello diagnostico vi è in genere una tendenza a sopravvalutare la patologa depressiva a scapito di:

1 – patologie fisiche, come quelle cardiovascolari o anche neurologiche, i cui sintomi a volte aspecifici sono, ad una prima lettura, attribuiti impropriamente alla depressione;

2 – eventi di vita particolarmente traumatici (ad esempio la violenza sessuale domestica) che, nascosti dietro un atteggiamento di chiusura della donna, non emergono in indagini cliniche sprovviste di strumenti per coglierli;

3 – uno stress cronico, tipico della fatica incessante del lavoro di cura e del doppio carico di lavoro, che non viene correttamente individuato e rappresentato nell’attività di valutazione della depressione.

A livello dell’interpretazione ezio-patogenetica (sulle cause) la depressione femminile è associata più facilmente a:

1 – eventi del ciclo riproduttivo con il menarca, il puerperio, il post-partum, la menopausa.

Il ciclo riproduttivo della donna, un unico pregiudizio dal menarca alla menopausa

√ Il pregiudizio nell’adolescenza: la tempesta ormonale all’arrivo del menarca e la variabilità del ciclo mestruale, i disturbi correlati (nervosismo, cambiamenti del tono dell’umore) sono fattori di rischio per la maggiore morbilità psichica delle ragazze rispetto ai coetanei maschi.

√ Il pregiudizio della matenità: la gravidanza, il parto e il puerperio con le loro ingombranti e concentrate variazioni ormonali sono fattori di rischio specifici per l’incidenza delle depressioni sulla popolazione femminile in età fertile.

√ Il pregiudizio della menopausa: l’interruzione del ciclo, con le sue variazioni ormonali e i fenomeni del climaterio, è fattore di rischio per la depressione, ma anche per altre patologie ad alto tasso di incidenza sulla popolazione femminile (cardiovascolari, ossee, uro-genitali, ecc.).

Le fluttuazioni dei tratti di personalità quali la dipendenza, la passività, la fragilità

Nel trattato “La depressione grave e lieve” di Arieti e Bemporad, si mette in risalto il legame tra un tipo di personalità e la depressione: “Vi è un tipo di personalità associata alla depressione, si dice, che ha necessità di piacere agli altri e di agire secondo le aspettative altrui, non ascolta i propri desideri, non conosce cosa significhi essere se stesso”. In tale tipo di personalità sono riconoscibili tutti i tratti distintivi tipicamente attribuiti al genere femminile e alla sua “normale” identità psico-sociale.

Ma tali tratti pregiudizialmente attribuiti alla donna come “sua natura”, non sono assolutamente “naturali”. La donna è infatti indirizzata ad assumere tali atteggiamenti di passività e “di ascolto degli altri”, attraverso un insieme complesso di stimoli educativi e di addestramento anche precoce (infanzia/adolescenza) alla cura degli altri, con la finalità di raggiungere efficacemente l’adattamento al ruolo materno.

“Le lacrime di Freyja”, dipinto realizzato da Anne Marie Zilberman, pittrice contemporanea francese

Soffermiamoci su questo pregiudizio che pesa sulla salute delle donne

L’associazione, tra ciclo ormonale/tratti della personalità femminile e depressione, è del tutto arbitraria visto che maggiori dati significativi emergono dalla ricerca sulla correlazione tra depressione e fattori di ruolo sociale, fattori psico-sociali e fattori educazionali.

√ A livello del trattamento, la scelta ricade principalmente su quello farmacologico. Le donne sono infatti le maggiori consumatrici di psicofarmaci. Il trattamento farmacologico si adatta meglio ad una visione del disturbo femminile di tipo biologico-ormonale e costituzionale. Questa visione non crea un rapporto positivo tra disturbo psichico femminile e interventi di modifica comportamentale, e ha come conseguenza uno scarso ricorso a trattamenti attivi fondati sulla modifica di atteggiamenti e sul miglioramento di competenze psico-sociali.

√ A livello di prevenzione (quella che si attua nella vita quotidiana prima che si manifesti la patologia), le donne sono più svantaggiate dei maschi. Nei maschi infatti lo studio dell’eziologia delle patologie psichiche, e depressive in particolare, sono ab origine collegate con la sfera sociale e con l’ambiente di vita.

Nelle donne invece esse sono associate maggiormente a fattori di personalità e fattori biologici che non hanno un diretto rapporto con gli eventi e i cambiamenti della vita quotidiana e che quindi ostacolano attivamente un approccio corretto con la prevenzione sia primaria che secondaria.

 

 

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