In tutto il mondo, la raccolta e l’analisi dei dati (big data analytics) sulla salute pubblica sono utilizzati, da anni, per tracciare le malattie infettive e altre minacce come l’influenza H1N1, la SARS e l’Ebola.
Ma l’AI (Intelligenza Artificiale) è davvero in grado di fornire soluzioni efficaci, tempestive, e su vasta scala, in grado di aiutare i governi e le organizzazioni sanitarie a capire come evolve (e si evolverà) la pandemia da Covid-19?
È questa la domanda alla quale tenta di dare una risposta lo studio epidemiologico pubblicato recentemente sulla rivista “The Lancet Digital Health” dagli epidemiologi Kaiyuan Sun, Jenny Chen e Cécile Viboud del Fogarty International Center, presso il National Institutes of Health (NIH) degli Stati Uniti.
Lo studio
Come riportato anche dal Corriere.it del 27 aprile 2020, gli autori dello studio hanno utilizzato un‘enorme quantità di dati (i cosiddetti big data analytics) per monitorare l’epidemia di COVID-19. Al fine di ricostruire informazioni a livello di paziente sul Coronavirus in Cina, si sono basati sul social network «DXY.cn», utilizzato da medici cinesi, professionisti sanitari, farmacie e strutture sanitarie.
Questa piattaforma online fornisce una copertura in tempo reale dell’epidemia di COVID-19 in Cina, ottenuta raccogliendo e curando notizie da mezzi d’informazione, televisione governativa e agenzie sanitarie nazionali e provinciali. I ricercatori inoltre hanno utilizzato fonti di media internazionali e siti web di agenzie sanitarie nazionali per raccogliere dati anche sui casi di coronavirus “esportati” dalla Cina.
In questo modo è stato possibile descrivere le caratteristiche demografiche, i ritardi tra l’insorgenza dei sintomi, la ricerca di cure in un ospedale o clinica e la segnalazione di 507 pazienti infetti da COVID-19 fra il 13 e il 31 gennaio 2020.
Un successivo confronto ha mostrato che i risultati raggiunti erano coerenti con quelli delle fonti ufficiali cinesi. La conclusione degli autori è che i dati epidemiologici raccolti anche attraverso fonti on-line a carattere diffuso, come le piattaforme social, possono essere utili per monitorare le epidemie emergenti come COVID-19 e, come in precedenza, il virus Ebola.
Soprattutto possono aiutare a generare e diffondere informazioni dettagliate nelle prime fasi di un focolaio, quando non sono disponibili molti altri dati.
Restano i dubbi sull’efficacia predittiva
Al momento comunque siamo ancora lontani da una reale efficacia predittiva di questi sistemi.
“Bisogna essere consapevoli che i maggiori limiti nell’affrontare l’infezione sono due e non dipendono dalle potenzialità dell’Intelligenza Artificiale. Uno è la mancanza di informazioni su un fenomeno totalmente nuovo (il virus Sars-CoV-2). Il secondo elemento è organizzativo, cioè come trasferire le conoscenze scientifiche nella pratica”, sostiene il professor Paolo Vineis, ordinario di Epidemiologia Ambientale presso l’Imperial College di Londra.
“Le moderne tecnologie informatiche sicuramente possono offrire forti supporti alla risposta all’epidemia da COVID-19 — aggiunge Pierluigi Lopalco, epidemiologo dell’università di Pisa — ma bisogna essere cauti su quello che possono realmente fare in condizioni di lavoro sul campo e, soprattutto, sulla loro possibilità di implementazione in una situazione di emergenza”.
I Big data per studiare gli spostamenti dell’epidemia da Nord a Sud
Secondo Pierluigi Lopalco, l’epidemia di COVID-19 evolve molto rapidamente e differenti tecnologie possono essere utili nelle diverse fasi dell’epidemia. Ad esempio le tecnologie di tracciamento dei casi sospetti o confermati con analisi in tempo reale dei loro contatti sono utili, ma solo in una fase iniziale di controllo dell’epidemia. Quando la curva epidemica assume un andamento esponenziale, tali sistemi servono a poco e bisogna concentrarsi sull’assistenza al paziente.
Per Paolo Vineis, tuttavia, l’AI potrebbe essere usata anche da subito in Italia per studiare gli spostamenti delle ultime settimane dal Nord al Sud e prevedere eventuali nuovi focolai epidemici.