Da tempo immemorabile, le piante e i loro prodotti hanno rappresentato per l’umanità la risorsa primaria di cibo, riparo, vestiti, sapori, profumi e anche preziosi ingredienti per medicinali. In questo contesto, le resine naturali hanno svolto un ruolo importante essendo utilizzate anche come adesivi, costituenti per i cosmetici, fragranze nei rituali quotidiani e nelle cerimonie religiose, materiali di rivestimento oltre che per i loro poteri curativi. Nell’antichità, Indù, Babilonesi, Persiani, Romani, Cinesi e Greci, nonché i popoli delle antiche civiltà americane, utilizzavano resine naturali principalmente per l’imbalsamazione e come incenso nelle funzioni culturali. Erano fermamente convinti che a contatto con il fuoco producessero un fumo e una fragranza in grado non solo di lenire le loro anime, ma anche di soddisfare gli Dei. La combustione di queste resine naturali era dunque una componente importante della loro vita culturale; venivano bruciate durante le cerimonie sacrificali e nei loro rituali quotidiani per prevenire l’influenza degli spiriti maligni sulle anime o per onorare i morti o i vivi.
Tra queste resine vi è quella ottenuta dall’incisione della corteccia di Boswellia serrata Roxb., pianta appartenente alla famiglia delle Burseraceae. La Boswellia è ampiamente distribuita su tutto il territorio indiano, maggiormente concentrata negli Stati del Madhya Pradesh e del Rajastan, dove forma vere e proprie foreste. Può svilupparsi fino a raggiungere i 5-6 metri di altezza; la sua chioma diventa molto folta e nel periodo di maggiore caldo e siccità cessa l’attività vegetativa e cadono le foglie. Nel restante periodo dell’anno fiorisce, producendo un’infiorescenza molto bella, fatta di piccoli fiori bianchi. Dalla Boswellia si ricava l’incenso, una gommoresina che essuda dalla corteccia a seguito di incisioni prodotte sui rami con un attrezzo (menghaf) simile ad uno scalpello. Il nome Boswellia venne dato da un botanico inglese, William Roxburgh, che ne studiò a lungo le proprietà, mentre serrata proviene da serra (sega) con riferimento al margine dentellato delle foglie. Il suo nome sanscrito Gajabhakshya è collegato al fatto che gli elefanti gustano questa pianta come parte della loro dieta.
La Boswellia è una delle erbe più anticamente utilizzate e rispettate nella Medicina Ayurvedica; è citata nei testi tradizionali Ayurvedici e Unani come rimedio efficace per svariati disturbi che vanno da diarrea, a tigna, foruncoli, febbre, malattie della pelle e del sangue, cardiovascolari, ulcere della bocca, mal di gola, bronchite, asma, tosse, perdite vaginali, mestruazioni irregolari, etc., oltre che come diaforetico, astringente, diuretico.
La moderna Farmacologia ne sottolinea le proprietà antinfiammatorie, sia per problematiche artritiche che per malattie croniche dell’intestino, analgesiche, ipolipidemizzanti, antiaterosclerotiche, neuroprotettive ed epatoprotettive.
Pertanto, la Boswellia può trovare impiego in svariate patologie, quali osteoartrite, artrite idiopatica giovanile e spondilite, senza, peraltro, gli effetti collaterali tipici di FANS e cortisonici, con i quali, anzi, interagisce in modo positivo, determinando un potenziamento sinergico dell’effetto antinfiammatorio e consentendo quindi una riduzione della somministrazione dei farmaci.
L’azione antinfiammatoria della Boswellia è stata collegata alla sua capacità di inibire la sintesi dei leucotrieni. Gli acidi triterpenici in essa contenuti, tra cui i più noti sono gli acidi boswellici, sono infatti dei potenti e selettivi inibitori della lipossigenasi. In parallelo a questa attività, recenti studi ne evidenziano anche un’azione inibitoria sulla catepsina G (CatG), proteasi degenerativa dei tessuti tipica dei fenomeni infiammatori che accompagnano l’invecchiamento.
Fino a qualche anno fa, l’interesse farmacologico è stato rivolto principalmente all’acido 11-cheto-β-boswellico (KBA) e l’acido 3-O-acetil-11-cheto-β-boswellico (AKBA), ma in realtà nella resina sono stati identificati più di 12 diversi acidi boswellici oltre ad altre molecole bioattive (monoterpeni e sesquiterpeni, diterpeni come incensolo, incensolo acetato e serratolo, polisaccaridi come arabinosio, galattosio, xilosio), su cui si sta sempre di più concentrando la ricerca. Uno dei principali obiettivi sia degli estratti di Boswellia che degli acidi boswellici è il sistema immunitario, dove si osserva una riduzione della produzione di citochine proinfiammatorie tra cui IL-1, IL-2, IL-6, IFN-γ e TNF-α, che sono dirette a distruggere tessuti come cartilagine, cellule produttrici di insulina, tessuti bronchiali, intestinali e altri. Più in specifico, obiettivo dell’AKBA è il complesso NFĸB, vero e proprio interruttore dell’infiammazione cellulare , coinvolto nella regolazione della proteolisi e dell’infiammazione nel muscolo. Studi in vitro e su animali hanno inoltre dimostrato che sia gli estratti di Boswellia che gli acidi boswellici sopprimono l’attività proteolitica della catepsina G, dell’elastasi dei leucociti umani, la formazione di radicali dell’ossigeno e degli enzimi lisosomiali.
Tuttavia, l’effetto antinfiammatorio degli estratti di Boswellia non dipende strettamente dalla presenza degli acidi boswellici più studiati, ma può essere correlato ad ulteriori molecole bioattive presenti nel suo fitocomplesso. Altri triterpeni, come l’incensolo, potrebbero essere considerati candidati interessanti per spiegarne le proprietà farmacologiche, in accordo ai risultati segnalati precedentemente da diversi autori. Oltre a questi terpeni bioattivi, dalla gommoresina di Boswellia è stata estratta una frazione polisaccaridica idrosolubile, a base di galattosio, arabinosio e acido D-glucuronico, dimostratasi un promettente adiuvante immunologico Th1 e Th2.
Infine, ci preme sottolineare un aspetto estremamente interessante. Abbiamo visto che un importante obiettivo della Boswellia è il complesso NFĸB, che ha un ruolo cruciale nel priming dell’inflammasoma. L’inflammasoma a sua volta riveste un ruolo rilevante nell’Inflammaging, ovvero in quello stato di infiammazione cronica di basso grado legata all’invecchiamento e che rappresenta uno dei maggiori fattori di rischio per le malattie associate all’avanzare dell’età (malattie neurodegenerative, cardiovascolari, tumori, diabete di tipo 2, sarcopenia, etc.). Ad ulteriore sostegno si possono associare la Curcuma, che a sua volta inibisce NFkB, IL1, IL6, TNF-α, COX2, PGE2, 5-Lipossigenasi e lo Zenzero, inibitore di COX2, 5-Lipossigenasi, PGE2, NFkB, IL1, IL2, IL6, IL12, TNF-α.
La Boswellia quindi, in associazione con Curcuma e Zenzero, rappresenta un validissimo alleato anche in geriatria, ottenendo il duplice effetto di sostenere la funzionalità muscoloscheletrica e, al tempo stesso, favorire un invecchiamento in buona salute psicofisica.
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